MERCURIO

Caratteristiche generali
Mercurio è il pianeta più interno del Sistema Solare, al perielio la sua distanza media dal Sole è di soli 0.30749951 AU, pari a 46.001.272 km, ed è anche il più piccolo, ha infatti un diametro equatoriale di 4878 km, possiede una massa di 3.3 X 1026gr, pari ad 1/18 di quella terrestre ed una densità media di 5.43 gr/cm3, inferiore solo a quella del nostro pianeta, e la velocità di fuga dalla superficie è 4435 m/s.
Poichè Plutone non fa più parte del gruppo dei corpi maggiori, Mercurio è ora il pianeta con la massima inclinazione (i = 7.00487o) ed eccentricità dell'orbita (e = 0.20563). Risulta difficilmente osservabile a causa della sua vicinanza al Sole: la massima elongazione, cioè la massima distanza angolare dal Sole vista dalla Terra, può variare fra 17.6o e 28.3o.
Mercurio era già conosciuto dai Sumeri, cioè dal terzo millennio prima di Cristo e deve il suo nome al dio romano del commercio e dei viaggi, probabilmente a causa del suo rapido moto attraverso cielo è infatti il pianeta del Sistema Solare col moto di rivoluzione più rapido: l'orbita viene percorsa in 87.96935 giorni terrestri alla velocità media di 48 km/s.
Foto dell'emisfero sud di Mercurio presa dalla Mariner 10
Immagini e filmato del transito di Mercurio avvenuto l'8 novembre 2006 Quando Mercurio si trova al nodo ascendente (longitudine dell'eclittica λ=47o) o discendente (λ=227o) ed è in congiunzione con la Terra, si possono osservare i transiti del pianeta davanti al Sole; i transiti possono avvenire durante il mese di maggio, ogni 13 o 33 anni, e nel mese di novembre, con periodicità pari a 7, 13 o 33 anni; dopo un transito di maggio se ne verifica sempre uno in novembre, 3.5 anni dopo. Gli intervalli fra due passaggi successivi sono multipli sia del suo periodo sinodico rispetto al Sole, (115.8776 giorni) che del periodo di rivoluzione; l'ultimo passaggio è avvenuto l'8 novembre 2006, il prossimo avverrà il 9 maggio 2016.
Infine essendo Mercurio un pianeta inferiore, cioè interno all'orbita della Terra, presenta il fenomeno delle fasi.
L'asteroide radente a Mercurio (33342) 1998 WT24 Mercurio non possiede satelliti naturali ma esistono molti asteroidi che attraversano l'orbita di Mercurio, gli asteroidi ermeosecanti come 1566 Icarus, 3200 Phaethon e (66391) 1999 KW4, un Aten di 1.2 km di diametro, scoperto nel 1999.
Molti di più sono gli asteroidi che rasentano esternamente l'orbita del pianeta, pur non intersecandola mai, come 2101 Adonis e 2340 Hathor; per ora nessun asteroide interno all'orbita di Mercurio, i cosiddetti vulcanoidi, è stato scoperto.
Animazione che mostra l'asteroide ermeosecante (66391) 1999 KW4 e del suo satellite
Geologia
Mercurio si è formato 4.5 miliardi di anni fa dalla nebulosa primordiale e, come per la Luna, ed i pianeti rocciosi Marte e Terra, è possibile suddividere la sua storia geologica in ere:
i) Era pre-Tolstojana, da 4.5 miliardi di anni fa a 3.9 miliardi di anni fa, quindi dalla formazione del pianeta al raffreddamento del nucleo.
ii) Era Tolstojana, da 3.9 miliardi di anni fa a 3.8 miliardi di anni fa, fu un periodo di attività vulcanica che produsse, a causa delle colate laviche, le pianure lisce; si forma il bacino Tolstoj.
iii) Era Caloriana, da 3.8 miliardi di anni fa a 3.0 miliardi di anni fa, si forma il Bacino Caloris e finisce l'intenso bombardamento meteorico tipico delle prime fasi della formazione del Sistema Solare.
iv) Era Mansuriana, da 3.0 miliardi di anni fa a 1.0 miliardi di anni fa, a causa del raffreddamento il pianeta si contrae e la superficie si fessura, formando anche delle creste montuose; termina anche l'attività vulcanica, in quanto la superficie è sufficentemente compatta da impedire che la lava fuoriesca.
v) Kuiperiana, da 1.0 miliardi di anni fa ad oggi; inizia con la formazione del cratere Kuiper.
Si suppone che il processo di contrazione del raggio del pianeta, conseguente al raffreddamento del nucleo, sia ancora in atto; tale teoria venne suggerita dalle immagini del Mariner 10, che mostrarono le grandi e profonde scarpate superficiali; calcoli recenti, che hanno utilizzato i dati ottenuti grazie ai tre sorvoli dalla sonda MESSENGER, portano ad un valore di contrazione del raggio del pianeta, dalla sua formazione, di circa 5 km; gli scienziati sperano che quando la sonda MESSENGER avrà iniziato la missione vera e propria, nel marzo 2011, fornirà i dati necessari a verificare definitivamente tale teoria.
Foto della sonda Mariner 10 del cratere Tolstoj e della zona circostante

Foto del cratere Kuiper fatta dalla sonda MESSENGER nel 2008

Particolarità
La rosetta che l'orbita di Mercurio sembra disegnare sul cielo L'orbita di Mercurio è ellittica solo in prima approssimazione, poichè non è chiusa ma è a "rosetta", infatti presenta un moto di precessione dell'asse maggiore di 574"/secolo, di questi 42".98/secolo sono giustificabili solo attraverso la teoria della relatività generale, considerando la distorsione dello spazio-tempo prodotta dalla gravità solare.
Grazie ad osservazioni compiute nel 1965 con il radiotelescopio di Arecibo, R. Dyce e G. Pettengill hanno scoperto che Mercurio ruota su se stesso in senso diretto in 58.646 giorni terrestri, pari ai 2/3 del periodo di rivoluzione attorno al Sole, attorno ad un asse inclinato rispetto alla normale al piano dell'orbita di soli 2o; quindi le variazioni stagionali sono minime durante l'anno e non ci sono differenze apprezzabili fra i due emisferi. Il processo attraverso cui il pianeta, che prima ruotava molto più velocemente, si è stabilizzato su questo rapporto è ancora oscuro, anche se probabilmente è legato alla dissipazione di energia per effetti mareali.
Un'interessante conseguenza della risonanza orbitale 2:3 fra i 2 periodi è che, mentre sulla Terra il giorno solare e il giorno siderale sono quasi uguali, su Mercurio il giorno solare è il triplo del giorno siderale cioè 176 giorni terrestri; inoltre il periodo sinodico rispetto al Sole vale 115.8776 giorni.
Il rapporto 2/3, unitamente all'eccentricità dell'orbita, comporta un disuniforme riscaldamento della superficie, se infatti si fissa come riferimento per la longitudine λ=0 il meridiano che vede il Sole alla massima altezza al perielio, dopo un periodo di rivoluzione il pianeta avrà fatto un giro e mezzo invece di uno, per cui ad ogni perielio il Sole è fronteggiato alternativamente dagli emisferi centrati su 0o e 180o di longitudine, naturalmente all'afelio si saranno trovati rispettivamente gli emisferi centrati su 90o e 270o di longitudine: i primi, i poli caldi, ricevono una quantità di radiazione solare 2.31 volte maggiore dei secondi, i poli tiepidi.
La rotazione di Mercurio
Su Mercurio, quindi, la temperatura al suolo non è solo funzione della latitudine, ma anche della longitudine, quindi risulta essere il pianeta ove coesistono le situazioni termiche più diverse e con la maggiore escursione termica; infatti durante il giorno la superficie raggiunge nei poli caldi la temperatura massima di circa 750 K, la temperatura più elevata di tutti i pianeti del Sistema Solare, invece ai poli tiepidi raggiunge al massimo 525 K, inoltre nelle zone buie la temperatura raggiunge solo 90 K.

Campo magnetico
Il Mariner 10 ha rilevato la presenza di un debole campo magnetico, pari ad 1/80 di quello terrestre e l'asse del dipolo forma un angolo di 11o rispetto all'asse di rotazione, quasi perpendicolare al piano dell'orbita; quindi le polarità del campo sono orientate come sulla Terra.
Disegno della magnetosfera di Mercurio e animazione del passaggio della sonda Messenger attorno ad essa durante il primo flyby Il campo è probabilmente il prodotto della dinamo indotta dai moti convettivi che si producono nel nucleo liquido esterno di ferro-nichel, a causa delle forze mareali dovute alla elevata eccentricità dell'orbita di Mercurio.
La presenza di un campo magnetico comporta l'esistenza di una magnetosfera, che provoca una cavità allungata nel vento di particelle cariche espulse continuamente dal Sole. Tale magnetosfera è circa 7 volte più piccola di quella terrestre e non è altrettanto efficace nell'intrappolare le particelle cariche. Grazie alla sonda MESSENGER si è avuto la conferma che pur essendo debole, il campo magnetico riesce a deviare ed imprigionare il plasma del vento solare in regioni simili alle fasce di Van Allen terrestri; inoltre la MESSENGER ha rilevato che nel campo magnetico sono presenti delle "smagliature" piuttosto ampie, causate da vortici nelle linee di forza larghi anche 800 km, attraverso cui il plasma magnetico raggiunge la superficie del pianeta erodendone la superficie e riapprovvigionando l'atmosfera del pianeta.

Atmosfera
Su Mercurio l'atmosfera è quasi inesistente (10-15 atmosfere), infatti oggetto così caldo non può conservare un'atmosfera apprezzabile in quanto le molecole dei gas tendono a superare la velocità di fuga del pianeta e a disperdersi nello spazio, tuttavia viene continuamente rinnovata.
Per questo è più appropriato parlare di una esosfera, cioè di uno strato di particelle gassose che inizia sulla superficie del pianeta, direttamente aperta sullo spazio esterno e la cui forma ricorda quella di una cometa; infatti a causa della pressione della luce solare, gli atomi neutri vengono spinti nella direzione opposta al Sole, formando una specie di coda.
Variazione della quantità di sodio rilevata nell'esosfera da parte della MESSENGER durante i due flyby
Confronto tra le quantità di sodio e di calcio rilevate nell'esosfera durante il secondo flyby della MESSENGER L'esosfera è composta principalmente di potassio (31.7%), di sodio (24.9%) ed ossigeno(14.8%), presente sia in forma atomica (9.2%), che in forma molecolare (5.6%); seguono poi l'argon (7.0%), l'elio (5.9%), l'azoto (5.2%), l'anidride carbonica (3.6%), il vapore acqueo (3.4%) e l'idrogeno molecolare (3.2%).
La temperatura di questa esosfera dipende dalla latitudine e dalla distanza dalla superficie.
Non essendoci sul pianeta segni di erosione, l'atmosfera vera e propria scomparve quasi sicuramente in epoche immediatamente successive allo stabilizzarsi della superficie, sia per l'intervento della radiazione UV, che del vento solare.

Superficie
Prime foto inviate dalla sonda MESSENGER nel 2008 Ad una prima analisi la superficie può apparire identica a quella lunare, essendo entrambe dominate da crateri da impatto di varie dimensioni, è inoltre ricoperta da uno strato di frammenti di rocce analogo, come granularità e spessore, alla regolite lunare e da rocce silicatiche, simili a quelle terrestri. Poiché predomina il colore ramato si presume che la superficie del pianeta risulti impoverita di ferro e titanio. Filmato ottenuto dalle foto della sonda MESSENGER in falsi colori della superficie craterizzata del Quadrante Robinson
Grazie alle osservazioni effettuate dalla sonda MESSENGER si è potuto vedere che la superficie di Mercurio, dal punto di vista geologico, è estremamente variegata.
Le strutture più evidenti sono i crateri e le ampie zone pianeggianti, denominate planitiae, suddivise in pianure intercrateriche, recenti e simili ai mari lunari, e in pianure lisce, molto antiche.
Immagine della Arecibo Vallis Sono presenti un numero elevatissimo di scarpate e 2 lunghe creste, denominate dorsa, che in alcuni punti raggiungono anche i 4 km di altezza e che portano il nome degli astronomi che hanno osservato il pianeta dalla Terra, Antoniadi Dorsum e Schiaparelli Dorsum.
Le 4 valles del pianeta portano il nome di alcuni radiotelescopi come l'Arecibo Vallis e la Goldstone Vallis
La Antoniadi Dorsum fotografata dalla Mariner 10
Esistono poi 16 solitudines, nome assegnato da Antoniadi all'inizio del secolo 1900 alle aree che mostrano un'albedo diverso da quello delle regioni circostanti, per esempio la Solitudo Aphrodites e la Solitudo Helii. Foto della Solitudo Helii presa dalla sonda MESSENGER
I crateri
Il cratere Machaut fotografato nel 2008 dalla sonda Messenger; il fondo del cratere, largo 100 km, è pieno di lava solidificata Sono molto simili a quelli lunari, una lieve diversità di forma può essere dovuta alla presenza di materiale sollevato vicino al luogo dell'impatto dovuto probabilmente alla maggiore gravità di Mercurio che ha accorciato il tragitto del materiale eiettato.
Il numero elevato di crateri fa pensare che da lungo tempo non ci sia alcuna attività interna del pianeta e si esclude la presenza di placche tettoniche, tuttavia alla fine del secolo scorso un riesame dei dati rilevati dal Mariner 10 ha portato a non escludere la possibilità che su Mercurio ci sia stata recentemente dell'attività vulcanica.
Le dimensioni dei crateri mercuriani sono superiori a quelli marziani o lunari, in quanto gli oggetti che colpirono Mercurio avevano una velocità maggiore, perché essendo Mercurio più vicino al Sole la sua energia potenziale è più negativa e l'energia cinetica dei proiettili è più alta.
I crateri più vasti sono stati appianati dall'assestamento isostatico e la topografia del pianeta è stata mutata nei secoli da un'intensa attività sismica.
Sono numerosissimi e gli sono stati assegnati i nomi di grandi esponenti delle arti in genere, pittori, scultori, fotografi architetti, poeti, compositori, come Bernini Crater e Dürer Crater; fanno eccezione il Kuiper Crater, che avendo la più alta albedo di tutto il pianeta è stato l'unico ad essere osservato prima della missione spaziale Mariner 10 e fu intitolato all'illustre astronomo, nonchè l'Hun Kal Crater, dal termine maya che indica il numero 20, poiché è convenzionalmente attraversato dal ventesimo meridiano di longitudine ed è il punto di riferimento del sistema di coordinate mercuriano.
Foto della Mercury 10 del cratere Hun Kal
Foto del bacino Rachmaninoff, un cratere a 2 anelli concentrici, fatta dalla sonda MESSENGER nel 2008 A causa dell'elevata albedo e della buona conservazione del picco centrale si suppone che il cratere Kuiper sia fra quelli di più recente formazione.
I crateri più piccoli hanno diametri inferiori a 10 km, quelli più grandi superano i 200 km e prendono il nome di bacini; spesso i bacini sono stati riempiti da antiche colate laviche ancora evidenti, che, come il Bacino Caloris, li hanno trasformati in pianure lisce, presentano degli anelli concentrici e al loro interno s'innalzano piccole formazioni montuose.
Si conoscono circa 15 grandi bacini, tra cui il Bacino Tolstoj, un largo cratere da impatto ad anelli multipli di 400 km di diametro, riempito di materiale che lo ha trasformato in una piana liscia e che è circondato per circa 500 km oltre il suo bordo, dal materiale espulso al momento dell'impatto; nel caso del bacino Beethoven, di pari dimensioni, il materiale espulso si estende oltre al bordo del bacino per 625 km.
Grazie alla sonda MESSENGER si è visto che alcuni dei crateri più grandi, come il Beckett Crater, mostrano sul loro fondo delle cavità, o delle fosse, di forma irregolare e senza bordo, denominate crateri di cedimento (pit-floor craters), createsi probabilmente a seguito del cedimento delle camere magmatiche; se ciò si dimostrerà vero, sarebbero la testimonianza della passata attività vulcanica.
Foto piccola del cratere Beckett e foto grande del cratere Picasso; entrambi mostrano al loro interno un cratere di cedimento
La zona denominata Borealis Planitia
Pianure
Le zone pianeggianti sono denominate planitiae e, ad eccezione della Caloris Planitia, il cui nome si riferisce alla sua elevata temperatura, e la Borealis Planitia, che significa pianura settentrionale e si estende per 750.000 km2, prendono il nome di Mercurio nelle varie lingue, o di dei ad esso correlato: Budh Planitia, Odin Planitia; tali pianure sono state suddivise in due categorie, in base alle loro caratteristiche.
Le più diffuse sono le pianure intercrateriche, che separano o circondano gruppi di grossi crateri, ed essendo alcuni di questi prodotti da impatti secondari, si può pensare che siano pianure molto antiche: sono rarissimi i crateri piccoli, con raggio inferiore a 30 km di diametro, e la loro superfice presenta solo delle collinette.
Le pianure lisce somigliano leggermente ai mari lunari, sono le formazioni più giovani della superficie e sono presenti soprattutto nelle zone boreali; sono relativamente levigate, caratterizzate da dislivelli inferiori al chilometro e da un numero esiguo di crateri; questo ha portato ad ipotizzare che si siano formate a causa di una qualche passata attività vulcanica, anche perchè grazie agli studi effettuati a partire dal 1990 da Robinson e Lucely sulle foto del Mariner 10, si è scoperto che sono costituite di materiale diverso da quello che forma le pianure intercrateriche.
Foto della Tir Planitia
Foto della Mercury 10 del Caloris Planitia
Caloris Planitia
È un bacino così chiamato perché è uno dei punti più caldi del pianeta essendo sempre esposto al Sole durante il passaggio al perielio. Oltre ad essere uno dei più vasti crateri del Sistema Solare e la più grande planitia di Mercurio (diametro circa 1550 Km), presenta una struttura decisamente curiosa in quanto il bacino è circondato da una serie concentrica di altopiani che si irradiano rispetto al cratere vero e proprio.
È stato scoperto nel 1974 grazie alle immagini della sonda Mariner 10, che però riuscì a fotografarne solo la parte illuminata.
Il 15 gennaio 2008 la sonda MESSENGER ha potuto osservare l'intero Caloris Planitia, durante il suo primo sorvolo del pianeta.
Il fondo del bacino è la pianura vera e propria e si trova 9 km più in basso della superficie circostante.
Il suolo piatto è attraversato da fratture, dette Pantheon Fossae, che formano una struttura poligonale; tali faglie sembra si originino da un cratere di 40 km di diametro, chiamato "the spider", che si trova al centro della pianura.
Foto del cratere denominato 'Il Ragno' e delle spaccature denominate Pantheon Fossae
Il bacino è circondato da una serie concentrica di altopiani e rilievi che formano degli anelli rispetto al cratere vero e proprio, chiamati collettivamente Gruppo Caloris, probabilmente originatesi con l'impatto violento dell'asteroide di circa 150 km di diametro che creò il Caloris Planitia, circa 3.85 miliardi di anni fa, che oltre a perforare la crosta ha sollevato le catene di montagne alte circa 2 Km, generando anche un sistema di valli e fratture che si irradiano dal bacino per 1000 km .
I rilievi che si dipartono a raggiera dal centro della Caloris Planitia, sono denominati Caloris Montes, un insieme di massici montuosi rettilinei, alti 1-2 km e lunghi 50-100 km, e di aspetto seghettato, come le catene montuose del Mare Imbrium sulla Luna; quasi sicuramente si sono formati con il materiale roccioso espulso durante l'impatto.
Recentemente si è scoperto che la Caloris Planitia è una delle zone che rifornisce in maniera significativa l'atmosfera di sodio e potassio, probabilmente a causa delle fratture presenti che facilitano il rilascio dei gas presenti sotto la superfie.
Foto della catena dei Caloris Montes
Foto del terreno caotico effettuate con illuminazioni diverse, sotto quella efettuata dalla sonda MESSENGER nell'ottobre 2008, sopra quella dalla Mariner 10
Terreno caotico
È un terreno di circa 500.000 km2 situato agli antipodi della Caloris Planitia, noto anche come Terreno stregato, che si è formato in seguito alla concentrazione delle onde d'urto prodotte durante la formazione della planitia. Vi si nota un fitto intreccio di alture e depressioni: le catene di colline hanno una larghezza di 5-10 Km, con dislivelli compresi tra 100 e 1800 metri. Le catene sono tagliate da depressioni lineari, formando così un sistema ortogonale. Nel terreno caotico ci sono pochi crateri da impatto ed oltre ad essere l'altro polo caldo del pianeta, è anche l'altra fonte di sodio e potassio per la rarefatta atmosfera del pianeta.
Scarpate
A livello microscopico, tutta la superficie presenta una sorta di ragnatela di grandi scarpate, dette rupes, lunghe diverse centinaia di chilometri, profonde 1-3 km; a queste strutture sono stati assegnati i nomi delle navi utilizzate per le grandi esplorazioni del XV secolo, come Endeavour Rupes e Santa María Rupes.
Foto della MESSENGER dell'Astrolabe Rupes Foto della Santa Maria Rupes presa dalla sonda Mariner 10 Fotografie della Discovery Rupes dalla Mariner 10
Zona polare di Mercurio con ghiaccio sul fondo di alcuni crateri
Zone polari
Solo nel 1991, da misurazioni radar si sono scoperte due zone polari con un alto potere riflettente; si ipotizza che l'acqua, portata da comete e meteoriti, si sia accumulata in crateri e crepacci perennemente in ombra, al di sopra della latitudine 85o, dove la temperatura non supera mai i 123 K. Il ghiaccio non sublima sotto l'azione dei raggi cosmici ed ultravioletti perchè coperto da uno strato di regolite; inoltre Mercurio dovrebbe aver mantenuto un'orientazione abbastanza stabile, non rivolgendo mai i suoi poli verso il Sole.
Non è comunque certo che solo l'acqua ghiacciata presenti tale tipo di riflettività radar, potrebbe essere anche zolfo allo stato solido.

Struttura interna
Mercurio è poco più grande della Luna, ma la sua densità è tipica di un corpo delle dimensioni della Terra. Questo fa pensare che il nucleo del pianeta sia formato da Fe-Ni ed abbia un raggio pari a circa il 70% dell'intero pianeta, 1800 km; inoltre nel 2007 ricerche condotte con radar di alta precisione da Stati Uniti e Russia, hanno confermato l'idea che il nucleo sia diviso in un nucleo interno solido ed un nucleo esterno liquido, sempre di ferro-nichel. La presenza del nucleo liquido esterno porta a sospettare la presenza anche di un elemento più leggero, come lo zolfo, che permette di abbassare la temperatura di fusione e di mantenere liquida una parte del nucleo per lungo tempo.
Al di sopra del nucleo c'è un mantello di silicati molto denso, ma spesso appena 500-600 km.
Infine c'è una crosta di silicati di Fe-Mg circondati da ossidi refrattari, spessa 100-200 km, e che ha una densità ed una metallicità piuttosto bassa.
Struttura ipotizzata del pianeta

 

Tabella riassuntiva sul Sistema Solare

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© Loretta Solmi, 2011        Adapted For The Hell Dragon Web Site